Gli esordi pittorici di Franco Gentilini, appassionato al disegno fin dalle scuole elementari, sono supportati da corsi alle scuole serali e dalle esperienze lavorative nelle fabbriche di ceramica della natale Faenza. Il giovane Gentilini impara così l'uso del colore e delle tecniche tradizionali ceramiche, e matura un suo personale linguaggio attraverso la raffigurazione di fiori, angeli, raffaellesche su piatti e vasi. Il fascino della pittura del faentino Domenico Baccarini, prematuramente scomparso, lo sensibilizza verso un uso espressivo del segno e del chiaroscuro, mentre dai maestri antichi, copiati di notte dai libri o alla Pinacoteca Comunale, approfondisce l'uso del colore e le varie modalità di stesura. Lo studio en plein air, lungo il fiume Lamone di Faenza, arricchisce invece la sua pittura della vibrazione tonale della luce, che con un cromatismo vivace ma dalle sfumature delicate, unito a una stesura pastosa a velature, caratterizza lo stile degli anni faentini fino al suo definitivo trasferimento a Roma, nel 1932. Nudi e figure, ritratti di amici, paesaggi della campagna locale, il Louvre dipinto nel 1928 anticipando di due anni il viaggio a Parigi: questi i soggetti più frequenti prima delle esperienze romane. Nella Capitale quindi, Gentilini arriva già con un proprio bagaglio pittorico, espositivo (la Biennale del 1930 e varie mostre sindacali) e di solide amicizie, in particolare con il pittore Giovanni Romagnoli, che come docente all'Accademia di Belle Arti di Bologna lo aveva incoraggiato a proseguire da solo nella ricerca, invece di iscriversi ai corsi, e lo aveva concretamente aiutato sul versante professionale. A Roma Gentilini frequenta lo storico Caffè Aragno, legandosi ad artisti e letterati (Cagli, Mucci, Falqui, Sinisgalli, de Libero) con i quali collaborerà a lungo nell'illustrazione di testi e poesie. Nel frattempo, lavora come disegnatore per riviste culturali, tra cui "Quadrivio" e "L'Italia Letteraria". Iniziano anche le commissioni ufficiali, che stilisticamente aprono una parentesi nella produzione di Gentilini: i dipinti che vengono esposti nel 1933 con i disegni di Alberto Sartoris alla Galleria di Roma e nella prima personale a Viareggio, raffigurano infatti soggetti ispirati al Regime: giovani squadristi in lotta, personaggi a cavallo, temi mitologici e composizioni con più figure. Il cromatismo è povero, essenziale, nei toni del grigioverde, come essenziale è il tratto, nell'evidenza scura dei contorni: le pose sono rigide, probabilmente per scandire una simbolicità della rappresentazione. Ma dal 1934 si avverte invece, dal punto di vista stilistico, un visibile scarto, dovuto forse alla frequentazione con il pittore Corrado Cagli, allora impegnato nella definizione del Manifesto del Primordialismo Plastico con Melli, Capogrossi e Cavalli.   Riemergono, più raffinate ed elaborate, le stesure vellutate e il cromatismo del periodo faentino; e una minore severità della scelta tonale, pur nell'appena sperimentata sinteticità del tratto, ammorbidisce le pose delle figure. Una nuova fissità icastica e simbolica del soggetto nasce sotto l'influsso stilistico di ascendenza Tre-Quattrocentesca. Da questo momento in poi, quindi, si può cogliere all'interno della ricerca di Gentilini, un triplice aspetto stilistico della sua sperimentazione, che durerà sino al periodo bellico: il primo emerge dalla sinteticità raffigurativa delle opere commissionategli dal Regime, come i bozzetti per i Premi Rubicone, in cui Gentilini, nel 1933 e nel 1934, vince il II e il I premio, le decorazioni murali per concorsi come quello per una Casa del Fascio organizzato dal Sindacato delle province di Forlì e Ravenna nel 1933, il Premio San Remo del 1936 e l'affresco sulla Nascita di Roma per la XXI Biennale di Venezia nel 1938. Dall'altra parte, c'è una produzione al cavalletto dove la predominanza della stesura pittorica rispetto al disegno conferisce maggiore espressività ai soggetti, per lo più autoritratti, ritratti di amici e intellettuali come Mario Morandi e Ottavio Pinna, fino alle modelle nello studio e al Ritratto di giovane sarta (1936). Dalle composizioni con più figure del biennio 1932-33 si originano inoltre le scene ispirate al Vecchio Testamento e le popolaresche Feste Campestri (tra le quali si annovera quella affrescata nel 1940 nel Palazzo dei Ricevimenti e Congressi dell'E 42, l'attuale quartiere EUR), che costituiranno il filone tematico più frequentato da Gentilini fino alla guerra, nel segno di una trasformazione stilistica sempre più rivolta a un marcato espressionismo caricaturale. Dal punto di vista professionale, inizia per il pittore una vera e propria costellazione di Biennali e Quadriennali, accompagnata dalla docenza al Liceo Artistico di Firenze.