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La ricerca di una sensibilità tattile e tridimensionale delle partizioni geometriche della composizione, precisatasi nel periodo precedente, continua con i collages peraltro già sperimentati fin dal 1957, anno al quale risale del resto il primo inserimento cartaceo sulla superficie dipinta.
Il ritagliare da vecchi testi, acquistati dai rigattieri o nei mercatini dell'antiquariato, immagini, pezzi di ingranaggi, o disegni di tessuti, assume gradatamente, per Gentilini, la valenza di un simbolico riutilizzo di elementi figurali, già codificati dal linguaggio e dalla tradizione culturale, trasponendoli in un diverso ambito narrativo. Il nesso relazionale e di significato che lega le varie parti del dipinto, e i particolari stessi all'interno delle figure, è infatti continuamente disorientato dall'incongruenza degli accostamenti visivi, in una prospettiva appiattita e fuori da qualsiasi regola che non sia la personale interpretazione della prospettiva sognante e traballante di Chagall, riconsiderata, tuttavia, alla luce della nuova strutturazione geometrica recentemente perfezionata anche alla luce della scomposizione volumetrica di ascendenza cubista.
Il repertorio iconografico del pittore, nel frattempo definitosi con arnesi domestici quali punteruoli, forbici, cavatappi, lunghi chiodi dalla testa quadra, bricchi, ferri da stiro, gomitoli di lana, tazze, caraffe, chiavi inglesi, palle e uova di legno, si arricchisce di nuovi ulteriori spunti: teste di uccelli sproporzionate rispetto all'insieme della composizione, parti di mobilio distribuite in un prato, etichette di vini, scatole di sigarette (le sue Goulouases senza filtro), o figure con teste non umane, ironici e scanzonati automi dall'espressione sospesa ed enigmatica. Sempre sul filo leggero della sua tipica ironia, Gentilini arriva così, con i collages, alla punta più alta di un personale e incantato surrealismo, attonito e magico grazie anche ad un compiuto equilibrio formale e architettonico della composizione, mai raggiunto prima con tale rigore.
Ai collages si affiancano negli anni, in numero sempre maggiore, dipinti in cui il ritorno al modellato dei nudi e dei ritratti del passato si alimenta sempre più, nella descrizione dei particolari, del soffio fresco del vero. Sono i primi passi verso un naturalismo più evidente che con passaggi impercettibili sfalda gradualmente l'evidenza geometrica delle strutture a favore di una predominanza cromatica più sfumata rispetto alle linee di contorno e più vivace e articolata nei toni.
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Complice di ciò, anche la campagna di Guardistallo, sulle colline sopra Cecina in provincia di Pisa, dove nel 1964, a un anno dalla morte della moglie, Gentilini acquista e ristruttura un casale che denomina 'I Tramerini', dal nome locale del rosmarino, e dove passerà le estati in vista del mare. Caratteristici gli alberi di quella tenuta, che compariranno spesso da protagonisti in vari dipinti e opere su carta.
Ritratta varie volte è poi anche la finestra dello studio di Parigi; studio acquistato nella prima metà degli anni Settanta e vissuto con la seconda moglie Luciana, sposata nel 1970, tra gli impegni professionali nella capitale francese e la prestigiosa attività espositiva in Italia.
A testimoniare inoltre, nell'incongruenza degli accostamenti figurali, un più realistico approccio al vero - che del resto non ha mai abbandonato l'ispirazione dell'artista - uno dei campanili di Sant'Agnese in Agone, compreso realmente nella terrazza della nuova abitazione romana in Via dell'Anima, dipinto enigmaticamente all'interno di una stanza.
Da acuto osservatore e commentatore dei costumi poi, Gentilini modula nel tempo la sua gentile e garbata ironia applicandola ai mutati atteggiamenti dei giovani e della società. Non smentendo quell'attrazione narrativa che in passato lo aveva spinto a ritrarre giocolieri, venditrici ambulanti, biciclette e camion nella Roma del dopoguerra, Gentilini continua, negli anni Settanta, la sua personale visione degli avvicendamenti epocali vissuti nella normale quotidianità di persone comuni: adatta così la trasfigurazione pittorica di scene e tipologie umane su un diverso piano poetico e incantato, e continua con grazia scanzonata a narrare le vicende di un'emblematica Ragazza di Piazza di Spagna (1976), e la vita notturna di una città ormai trasformata e senza precise direzioni (I travestiti di Ponte Sant'Angelo, 1981).
All'apice della carriera, con al suo attivo la lunga docenza all'Accademia di Belle Arti di Roma, ampie antologiche come quella all'Ente Premi Roma allestita a Palazzo Barberini nel 1965, la nomina ad Accademico di San Luca nel 1969, le antologiche al Palazzo dei Diamanti di Ferrara e al Palazzo delle Esposizioni di Faenza tra il 1971 e il 1972, il 5 aprile 1981 Franco Gentilini, dopo brevissima malattia, lascia il mondo terreno, dipingendo fino alla fine.
Con l'ultima opera, un Autoritratto su tela dal sobrio cromatismo realizzato per la Collezione di Autoritratti degli Uffizi, il pittore faentino arriva finalmente al connubio estremo di sintesi visiva - lineare e cromatica - e vibrazione naturalistica del tratto e dei volumi.
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